La Storia

La storia delle radio libere

Le radio libere sono le emittenti radiofoniche nate in Italia dopo la liberalizzazione dell’etere sancita dalla Corte costituzionale nel 1976.
In Italia fino al 1974 i privati non potevano aprire una stazione radio. La legge riservava allo Stato l’esercizio esclusivo della radiodiffusione circolare. Le uniche eccezioni, dopo la caduta del regime fascista, erano state: Radio Sardegna (1943-1952) e Radio Ferrara (per alcuni mesi del 1946). Si ascoltava la radio pubblica (Radio Rai) e si guardava la televisione pubblica (Rai TV).

Solo nel Nord Italia potevano essere ricevute in FM le tre emittenti estere che trasmettevano in lingua italiana: Radio Capodistria, Radio Monte Carlo e Radio Svizzera Italiana. Nei primi anni settanta sull’esempio del Regno Unito, nacquero le prime radio pirata. Nel 1974 intanto la Corte Costituzionale concesse ai privati la facoltà di trasmettere via cavo in ambito locale.

Fu la prima storica sentenza contro il monopolio statale. La trasmissione via etere però rimaneva interdetta ai privati. Però, sentendo che i tempi stavano cambiando, alcuni pensarono che prima o poi sarebbero state liberalizzate anche le trasmissioni via etere. Senza aspettare un successivo pronunciamento,
furono aperte in alcune città italiane radio private via etere.

Gli apparecchi che gli italiani avevano in casa erano in grado di ricevere sia la modulazione di ampiezza (AM) che la modulazione di frequenza (FM). Però gli italiani erano abituati ad ascoltare la sola AM. Le radio private sfruttarono le potenzialità dell’FM. L’FM presentava pregi e difetti. Un limite era l’ampiezza geografica: difficilmente un’emittente poteva coprire un’intera provincia. Le radio libere trasformarono questo limite in punto di forza: nacquero programmi indirizzati a pubblici (target) facilmente individuabili.

I punti di forza delle radio libere, rispetto al gestore pubblico, erano invece la possibilità di utilizzare tecnologie nuove come la stereofonia (in questo precedettero la stessa Rai) e l’interattività con gli ascoltatori, che vennero coinvolti direttamente dando loro la possibilità di telefonare nel corso dei programmi fornendo opinioni e commenti, oppure dando loro la possibilità di scegliere brani musicali di loro gradimento; molte radio cominciarono così a impostare palinsesti dedicati a fasce di utenza ben precise centrando la programmazione su tematiche musicali (Rock, musica italiana, folklore locale etc.) o sociali (politica in primis).

La Rai trasmetteva in FM dagli 87,50 ai 100,00 MHz. Tutte le radio private occuparono le frequenze superiori ai 100 MHz. Alle ore 11 del 23 novembre 1974 dai colli dell’Osservanza a Bologna iniziarono le trasmissioni di Radio Bologna per l’accesso pubblico, ideata dalla Cooperativa Lavoratori Informazione. Nata da un’idea di Roberto Faenza e Rino Maenza, l’emittente trasmise per otto giorni interviste, discorsi e musica.

Meno di un mese dopo nel dicembre 1974 Radio Parma avviò le trasmissioni sperimentali e, dal 1º gennaio 1975, iniziò i programmi regolari sulla frequenza 102 MHz. È considerata la radio privata italiana che trasmette continuativamente da più anni. La prima radio libera di Milano fu Radio Milano International, che si posizionò sui 101.00 MHz.
Nel 1976 arrivò una seconda, decisiva, sentenza della Corte Costituzionale (n. 202 del 28 luglio 1976 ): venne liberalizzata la trasmissione via etere in ambito locale. Le radio libere ebbero così copertura legale; da allora poterono moltiplicarsi su tutto il territorio nazionale.

Il fenomeno fu considerato, inizialmente, più come una moda temporanea che come un’evoluzione del modo di concepire la radiofonia in Italia, ma nel tempo molte emittenti dimostrarono di poter competere qualitativamente con le emittenti pubbliche. La limitazione territoriale venne superata creando reti
interconnesse (network) che coprirono l’intero territorio nazionale. In pochi anni l’emittenza radiofonica privata si impose non più come alternativa all’emittenza pubblica, ma come principale fucina di idee e di professionisti (disc jockey e tecnici) con capacità professionali sempre maggiori.

Questo regime di concorrenza giovò anche alla stessa Rai, che si vide costretta a puntare su trasmissioni innovative e mirate che difficilmente avrebbero avuto modo di essere realizzate senza lo stimolo della concorrenza.

Radio Play 1979

(Visited 1,450 times, 1 visits today)